Che ci fa questo vecchio con quel suo corpo teso e un cartello sdraiato capovolto alle spalle.
Che ci fanno questi uomini e donne di schiena che sul ciglio di una strada domano il fuoco.
È timore o vergogna quella della bambina che agghindata da angelo è sospesa nel cielo. In alto quanto?
E quel tipo che indossa una sedia, per un viaggio, una strada, una fiera. O un lavoro?
Poi un’ombra che appare dal nulla, si anima e prega.
Sicuramente una festa c’è stata.
E intere famiglie giocavano a bocce. Che le bocce è un sistema di regole e misure e c’è sì un vincitore ma tutti si beve alla sua salute.
E c’è un santo o una madonna da venerare e i figli vestiti di ali innalzati da cavi e carrucole su grandi strutture. Una caccia al tesoro del fuoco da giocare con le scarpe lucide e i vestiti stirati. E il paese è un congegno di corpi di molti colori.
Sì, è sicuro, una festa c’è stata.
Gli animali e le cose persino l’hanno sentita. La padella si è accesa in attesa che il pollo arrivasse. E le pecore si sono serrate per essere insieme. Tutti i tubi si sono messi a sfrecciare. Le automobili si sono ornate di drappi e i cartelli si sono strappati le vesti di carta.
Ed il mare non si è accontentato e si è fatto cornice.
Ed è stata una festa bellissima. Gli sciamani in pose degne hanno indossato legni vecchi come loro, come abiti della festa inventati. Ed ognuno è stato per tutti.
Questa festa calda e accecante in cui i demoni sono arrivati. E l’oscuro ha visitato gli umani ma nessuno, nessuno ha avuto paura. E spiriti della vita e della morte si sono incontrati. La parola si è sospesa e la musica andava.
L’indicibile sulla soglia di quel carnevale. La voragine aperta per tuffi danzati nell’aria.
Sì, è sicuro quella festa c’è stata.
Ma ora è finita.
Della festa ci resta la parte che manca.
Quella pura potenza. Il reale artificio e l’artificio reale. Quel sapore vulnerabile e pronto a sfuggire. Quella luce che in un attimo si piega alla notte.
Quella parte ci tiene ancorati ai nostri destini. E la sorte la puoi chiamare vocazione ma è più profonda degli abissi profondi. Quella notte da cui proveniamo ci traccia la luce.
Ed è lì, dalla parte che manca che nasce il teatro.
Roberta Nicolai