inabissarsi \ gli occhi maschera
da KRAPP’S LAST POST Roberta Nicolai: il tempo dentro e “il tempo tra” della curatela di Carlo Lei
Lucia Guarino e Ilenia Romano, dal sodalizio ai progetti autonomi presentati a Teatri di Vetro 24
…
Guarino con il suo “Pinocch-io” inaugura un atto di passaggio artistico verso una dimensione schiettamente performativa, in cui il corpo non si dà quale più o meno pacificato tramite, ma si costituisce come terreno di lotta e di costruzione di linguaggio e di senso (e di conseguenza il linguaggio stesso, come il senso, porta i segni candidi di un’infanzia). Corpo costruttore nelle sue specifiche qualità materiali, un corpo leggero, in cui le mani possono afferrare le schiere delle costole, volto dolente; ma anche nel versante simbolico. Si tratta di un corpo che qui vive lo spazio in alcune stazioni, caratterizzate da precisi momenti: ora il Pinocchio del titolo sperimenta la propria nuda presenza, piantato sui due arti inferiori; ora accarezza i propri tratti somatici, li mette alla prova per la vita; ora è il lungo bastone a mostrarsi come l’arcinoto naso bugiardo; ora è adattato a fioretto e porta il Pinocchio cresciuto a tirare di scherma nell’agone della vita.
da LIMINATEATRI Oscillazioni tra gesto e archivio di Paolo Ruffini
…
Ancora una scena disadorna o, meglio, adornata dagli elementi di cui si servirà per questo non-racconto con il naso-asta che funge da barometro di una “temperatura” sul limite della trasfigurazione. Vestizioni, posture macchiniche si fanno corpo, si immolano alla decostruzione di una narrazione alla quale potremmo essere abituati, ma per non rischiare questo burattino alter ego della Guarino ci appare persino come un gesto strutturalista, un aggregato organico di elementi e parti, sintesi nella sua funzionalità dell’insieme delle relazioni tra oggetti, azioni e corpo.
“Uno smisurato desiderio di amore.”
Pinocchio si apre, si mostra, fa il buffone, finge, diventa cane, asino, pesce … ed espone il suo desiderio di farsi carne – altro da sé. Anche l’uomo cambia, muta, muore o si uccide per diventare altro per uscire dal limite per amore o per essere amato. Desiderio viscerale di trans\formarsi, andare oltre se stesso, verso forme nuove, liminali e ambigue, di finzione e meccanizzazione, umane e non umane.
A partire da questa riflessione in PINOCCH-IO ho scelto di utilizzare alcuni oggetti che potevano essere tramite di questo passaggio e pensiero, di questa tensione nel voler andare oltre la forma e l’immagine data. Oggetti che aprono significato e nuovi spazi possibili di movimento. Oggetti che mi hanno portato ad un affondo nel mio intimo percorso di ricerca tra vita e morte, tra passato e presente, tra bugia e verità.
L’esempio o meglio l’esperienza degli “occhi finti” è stata fortemente emblematica. Porre sopra le palpebre chiuse altri due occhi disegnati e adesivi ha completamente ribaltato la percezione del mio corpo e dello spazio intorno, spingendomi in un inabissamento nella mia più profonda intimità. Un buio repentino. Una maschera che ha portato il mio corpo a focalizzare l’esperienza del movimento in luoghi poco conosciuti. Tutto è diventato fragile. Tutto si è amplificato a partire dal respiro, motore di presenza. Le braccia, il busto e le gambe si sono fatte volto, il loro movimento espressione del cuore che andava a fare luce e a toccare immagini profonde ora sedimentate, ora nascoste, ora velate, per poi portare in emersione una danza non codificata, forte e sconosciuta.
Lucia Guarino

foto @ Margherita Masè