La dinamica del PIANTO non è il contrario di quella del riso. Non è il retro di quella medaglia.
La materia performativa che offre il pianto muove il corpo in altre direzioni e dimensioni.
La sua parabola discende mentre sale. È molto più complesso starci dentro. E quasi impossibile starci tentando di essere “autentici”. A tratti è come trovarsi davanti a un muro. Difficile anche tornare indietro.
Per questo forse quasi automaticamente, per spirito di conservazione animale, si dirotta il tutto verso la musica, verso la citazione musicale che per sua stessa natura, per le sue stesse regole e armonie, riesce a contenere le tensioni misteriose e contrastanti che agiscono poi sull’animo umano e lo “muovono”.
Transitare tra pianto e riso convoca il silenzio. È una sfida che rinvia alla dimensione plurale e collettiva.