fanno più che parlare, agiscono
Il sistema, per quanto radicale nei suoi elementi semplici apparentemente, può andare verso un’estrema complessità. Coreografia come conseguenza della materia messa in moto. Non come disegno predefinito, ma come pura istanza di dinamiche fisiche e spaziali. Emersione costante di una qualche forma, di una serie di frasi.
I performer non iniziano mai a danzare in autonomia rispetto al sistema che li ha generati, ma sono essi stessi i generatori del sistema. Toccano una soglia. L’impasse, la questione dell’intervallo e della sospensione. Comporre un ritmo, una temperatura, un paesaggio, in realtà scomponendo e ricomponendo pattern, dentro un concatenamento di elementi in cui diventano possibili una serie di sganciamenti, intensificazioni, innesti, atti intercalari, ripartizione d’ineguaglianze, sovrapposizione di ritmi disparati, nella possibile non coincidenza, non corrispondenza. “Perché l’inizio inizia sempre nel mezzo, intermezzo”. (Gilles Deleuze – Felix Guattari, Sul Ritornello)
Con All my loops for you la sfida era proprio quella di indagare e negoziare con il loop, con la ripetizione, con il tempo che non evolve, e stare dentro questa palude, facendo in qualche modo piombare dentro questa dilatazione anche il pubblico.
Per questo motivo una delle ipotesi era ed è ancora immaginare questo lavoro in versione installativa, con il pubblico e gli eventuali fruitori liberi di entrare ed uscire dallo spazio performativo, mentre comunque l’azione continua, nella durata, così come quei pendoli che non possono mai fermarsi completamente.
«Mentre» (dal latino dum interim) non designa un tempo, ma un «frattempo», cioè una curiosa simultaneità fra due azioni o due tempi. […] non si tratta di un intervallo misurabile fra due tempi, anzi nemmeno di un tempo propriamente si tratta, ma quasi di un luogo immateriale in cui in qualche modo dimoriamo, in una sorta di perennità dimessa e interlocutoria. (Giorgio Agamben, Mentre)