memoria collettiva | corpo mediatore della memoria | corpo archivio
[…] La memoria è lacunosa. Ricordare e dimenticare sono strettamente connessi. Non si può ricordare senza dimenticare. Pezzi, lembi, oggetti parziali. Mai la totalità. La memoria procede a ritroso e penetra nel passato attraverso la membrana dell’oblio. Ma la tortura non abbandona mai il torturato, per tutta la vita. La memoria si deposita nella carne, la segna, la deforma. La memoria corporea si fissa anche dopo lo spegnersi del dolore nelle tracce e nelle cicatrici. (tratto dal testo di […] KZ)
se il corpo è mediatore della memoria ecco che il corpo mi aiuta nella trasmissione da corpo a corpi.
il corpo non mente, il corpo accoglie, si lascia plasmare senza opporre resistenza. il corpo è il luogo in cui si depositano le immagini, e quelle immagini vivono nel corpo modificandolo anche inconsapevolmente. trasmettere le posture del mio corpo nell’atto di “danzare” corpi che hanno vissuto la reclusione racchiude in sé un’interessante aderenza oggettiva nel passaggio tra le esperienze dei corpi. è l’esperienza del corpo nell’atto di incarnare una postura che genera memoria corporea, che favorisce quel passaggio emozionale della memoria, che scalda la memoria, che la rende tangibile, umana, possibile.

ph@Davide Piferi De Simoni
IL SUONO
Ancora prima di farsi udire, il suono palesa la propria presenza sulla scena sotto la forma di una sorta di totem composto da due colonne di altoparlanti e due trombe di quelle solitamente usate durante le processioni. La sua collocazione davanti al fondale – quando è possibile anche oltre – non è casuale. Il suo campeggiare alle spalle delle danzatrici, con i coni rivolti verso l’intero arco della scena, risponde alla volontà di un suono pervasivo e integrato all’azione, ulteriore elemento vivente che attraversa la scena. In seguito a questa intenzione, il suono, incessantemente manipolato in diretta, viene trasmesso dagli altoparlanti come se provenisse da una stanza adiacente, forse un ufficio o una camera di controllo, dove i suoni più quotidiani (il fruscio di un televisore o di una radio, un colpo di tosse, alcune parole biascicate in una lingua incomprensibile) si mescolano a improvvisi accenni o balzi musicali che sembrano agganciarsi con più coerenza all’azione.
L’intero tappeto sonoro è attraversato da una pesante ambiguità, di fronte alla quale è impossibile dire con certezza cosa di ciò che è udibile partecipi alla drammaturgia dei corpi o cosa invece più semplicemente conviva con essi in quello spazio. Uno spazio delimitato razionalmente secondo una logica di reclusione alla cui attuazione il suono potrebbe contribuire o lavorare contro di essa. Su questa ambiguità si regge l’intero lavoro di sonorizzazione dello spettacolo; l’intreccio tra suono e corpo non è dato, ma esperito emozionalmente da ogni spettatrice e spettatore a seconda del proprio sguardo e del proprio ascolto.
Stefano Murgia
il 4 ottobre 2024 presentiamo l’anteprima di VOICE OVER a Periferico Festival. Olindo Rampin ne ha scritto su paneacquaculture
Al Periferico Festival la danza tellurica di Paola Bianchi
[…] È una danza, o forse un’anti-danza, di rigorosa e preziosa fattura, eseguita da tre performer che parlano altrettanti linguaggi corporali, con una sintassi e un lessico aguzzi, potenti e polimorfi. […] In una attraente semioscurità il gruppo abbozza due sacre conversazioni al ralenti: quasi un prologo misterico da cui le tre danzatrici si staccano per dare inizio a un’ininterrotta composizione di propulsioni, implosioni e cadute. Traducendo in atti indicazioni che ricevono per mezzo di auricolari, alimentano ben presto un teorema di danze sulle ginocchia, in cui il movimento è originato da eruzioni improvvise, in una implacabile contorsione e sollecitazione femoro-rotulea e malleolare. È un collaudo poetico e coreografico della mirabile ingegneria di cartilagini, legamenti, tendini, articolazioni e muscoli di cui è composta l’anatomia umana. […]