ETERODIREZIONE
le posture di […] KZ trasmesse nella prima fase di lavoro sono state dissezionate e catalogate secondo una logica anatomica (posizioni del corpo / del braccio destro / del braccio sinistro / del busto / della testa / del bacino / della gamba destra / della gamba sinistra).
le posture sono diventate allora pezzi di corpo separati uno dall’altro, sono stati mischiati secondo una logica aleatoria e registrati in voce, andando a generare figure che rimandano a corpi dissezionati e ricomposti.
si creano nuove posture del corpo ricomposte a caso.
la partitura del corpo è creata dalla voce
il corpo agisce nell’immediatezza – non c’è tempo per pensare – ascolto e agisco, agisco ascoltando. le indicazioni sono stringenti, veloci.
le danzatrici, guidate dalla voce, non hanno solo il compito di eseguire le indicazioni per come i loro corpi le comprendono, ma di “salvare la danza”.
ogni danzatrice ha un auricolare bluetooth collegato a uno smartphone. io, in regia, con 6 smartphone a “suonare” la partitura di indicazioni.
la sperimentazione è lunga. durante ogni residenza verifico e modifico qualcosa. si tratta di immaginare sulla carta (o forse nelle orecchie) gli stati dei corpi nello spazio, i loro spostamenti, la qualità del loro stare. tutto parte dalle indicazioni vocali che ricevono attraverso i loro smartphone. un lavoro che mi obbliga a pensare allo spazio visto unicamente dall’alto, poi in sala lo spazio si modifica, la visione è prospettica, si orizzontalizza e alcune profondità svaniscono, alcune zone diventano invisibili, altre estremamente sottolineate. è un processo a modificare.
lo spazio è suddiviso in zone, una griglia che via via si infittisce.
è la porzione di uno spazio più ampio | la numerazione delle zone non parte da 1, aldilà dello spazio scenico le zone continuano | è un focus su una porzione di mondo suddiviso a zone
non è uno spazio neutro
è necessario estremizzare l’uso dello spazio totale e di ogni singola zona al suo interno | sbilanciare gli spazi interni
“Lo spazio non è mai una volta per tutte: si genera contemporaneamente al gesto, è un esito del corpo agente, non è il contenitore vuoto dell’azione, è processo e performance.” Matteo Meschiari
la luce è strettamente connessa allo spazio. penso a una luce che chiude le figure dentro le zone. la luce deve creare piani diversi di profondità, di spessore dello spazio. a volte sono piattaforme che galleggiano nel nero. la drammaturgia dello spazio ha una linea inversa rispetto alla drammaturgia del corpo.
luce: da spazio chiuso a spazio aperto – da spazi precisi, piccole zone di luce che evidenziano il disegno dello spazio intero alla visione totale dello spazio. uno spazio aperto – la luce bagna tutto lo spazio scenico, muri compresi.
drammaturgia del corpo: corpo attivo, reattivo alle indicazioni stringenti della voce, a uno spegnimento per eccesso di tentativi – un perdersi nell’impossibilità.