ICE_SCREAM (di Giselda Ranieri) Lucia Medri_CORDELIA
Guardare Giselda Ranieri in scena significa osservare un corpo mente che elabora live un pensiero coreografico: non si tratta di improvvisazione ma di un ragionamento che continua ad articolarsi in partiture e espressioni che sono sempre in allerta, e mai si tranquillizzano nella successione ordinata della partitura. Una costante elaborazione che diviene trasparente, soprattutto quando il suo lavoro, prima in sala prove, poi in fase laboratoriale, entra in contatto con il pubblico. ICE_SCREAM, presentato al Teatro India, è una sintesi aperta, non ancora chiusa in una struttura definitiva, che ha come sottotitolo Molti volti per un progetto sull’umano e in cui si condensa il lavoro della danzatrice, performer e coreografa sul binomio oppositivo riso/pianto. Già elaborato durante Trasmissioni, la fase di ricerca di Teatri di Vetro, nell’esercizio condotto con la consulenza di Fiora Blasi, per quanto riguarda gli strumenti di clownerie, e insieme ad alcune partecipanti; il progetto di Ranieri arriva al suo primo approdo insieme all’interprete Micheal Incarbone presentandosi come un duo non solo di danza, ma anche duo musicale, attoriale, vocale, comico e persino animale. Due esseri viventi rivaleggiano tra loro, prima con movimenti in parallelo, poi con duelli diagonali e vicinissimi al proscenio, utilizzando due microfoni che fungono da amplificatori di suoni già risonanti dall’interno dei corpi: sono creati, propagati, urlati tramite contorsioni, prolungamenti, flessioni che uniscono questi rumori organici, fisici, a una sonorizzazione campionata elettronicamente, a cui si aggiungono riferimenti agli anni Ottanta, dalle tute animalier indossate, a un orecchiabile tormentone, fino all’acme finale col Bolero di Ravel su uno sfondo di cuori pulsanti al neon. Uno spettacolo che è una human beatbox (in riferimento alla tecnica musicale di riproduzione di suoni con la bocca) calamitante, che non si fa mai perdere di vista, che comprende tutto lo spettro dell’emotività: ascese e discese, toni gravi e acuti, fasi di condensazione e scioglimento (come il gelato “ice cream” del titolo che allude anche a io urlo “I scream”) che si manifestano sui volti di Ranieri e Incarbone facendoli diventare sorprendenti maschere tragicomiche.
Ice_scream, Trickster / Teatri di Vetro di Vincenzo Carboni_PERSINSALA
Nel lavoro di Giselda Ranieri, Ice_scream, i corpi dei performers si lasciano giocare nell’omofonia tra ice cream (crema gelato) e I scream (io urlo). Se l’animale umano col linguaggio sa dissimulare la propria parte istintuale, sa mentire, sa ingannare, tuttavia l’arte è la forma più sublime di menzogna, tale che i due performers si sperimentano tra il piangere e il ridere, tra la disperazione e l’ironia, cercando un registro che possa dare conto di una disperata autenticità. Il suono, prima ancora che la voce, chiama il corpo a seguirlo, tanto che non è la razionalità locutoria dell’Io a tracciare la rotta, ma l’appello segreto al fondo del soggetto, che si dibatte tra le proprie miserie senza considerarle materia, scarto o-scenico (fuori scena). Il grido o il riso, quando davvero sale dal proprio fondo abissale, ricrea il contatto con le superfici (la terra, l’aria, le pareti, la pelle dell’altro) così da restituire i confini del corpo al di fuori da uno specchio immaginario.
Il soggetto è autocosciente perché esiste un altro umano, autocosciente a sua volta, capace di riconoscere il grido e rispondere (consolando, traducendolo o gridando in due). Ciò che esce dal gioco antropogenico mai concluso è il rilancio dell’emozione come una palla, perché il partner ne sappia far pur qualcosa di questo corpo sonoro, materico come pietra. I corpi si ingaggiano sul limite oltre il quale la fiducia di essere malgrado tutto raccolti, resiste, quand’anche fossimo fatti d’acqua.
RISATE SCIOLTE: UN DUO COREOGRAFICO PER INDAGARE IL RISO E IL PIANTO di Antonio Sanges
Presentato nell’ambito del festival Teatri Di Vetro, ICE_SCREAM è un progetto ambizioso che indaga con finezza e con profondità le forme del riso e del pianto. Si tratta di un duo coreografico: i danzatori sono Giselda Ranieri, che firma anche la coreografia, e Michael Incarbone. I due si muovono e utilizzano la voce suggerendo l’evoluzione più o meno repentina dei loro stati emotivi, i quali trovano la climax nel riso, sonoro e quasi isterico, e nel pianto disperato. Si configura così la relazione tra i due danzatori in scena (relazione amorosa? Di amicizia? Di due esseri umani?), con le tensioni che ne derivano. È notevole in questo senso la scelta dell’utilizzo dei costumi; infatti, nel corso dello spettacolo, i due indossano delle tute zebrate identiche, che si complementano, a suggerire la loro condizione di vicinanza emotiva e, forse, di dipendenza.
L’idea di fondo che sottende allo spettacolo e alla stessa filosofia dell’autrice è infatti la riflessione circa l’indebolimento generale delle emozioni o, più esattamente, il loro scioglimento. La rappresentazione icastica di tutto ciò è l’immagine proiettata all’inizio dello spettacolo, di un gelato che si scioglie, cioè di un ‘ice cream’, contenuto nel titolo insieme a ‘I scream’. Lo spettacolo contempla lo schema tripartito delle emozioni che si sciolgono, che sono instabili, che portano l’essere umano a essere freddo, come un gelato, e infine a gridare. Gregory Bateson parlava ironicamente dello scioglimento delle emozioni come proporzionale allo scioglimento dei ghiacci. E non è forse un caso il riferimento a Bateson, se si pensa alla teoria del doppio legame secondo cui la comunicazione tra individui psicologicamente legati non presenta una congruenza tra il livello verbale e quello gestuale, il che porta alla schizofrenia. E i danzatori sembrano talvolta pseudo-schizofrenici, anche nel passaggio tra stati di riso e stati di pianto disperato. La comunicazione è forse affidata alla gestualità – e alla danza, – quando la parola ha esaurito la propria possibilità comunicativa. Se non si può far dire più nulla al linguaggio, per dirla con Cioran, resta il gesto. Ma la danza non è un punto di arrivo esclusivo della poetica di Giselda Ranieri; anzi, sembra che le successive trasformazioni degli stati emotivi dei danzatori trovino un corrispondente formale nella fluidità dei generi, che si sciolgono anch’essi.
La risata isterica risulta essere l’esasperazione delle emozioni e al contempo l’antidoto allo scioglimento dello stesso. Certo, un antidoto filosofico, giacché sempre si tramuta nel suo contrario, cioè nel pianto. Una risata alla Leopardi, che dice che l’uomo è l’unico animale che ride, ‘animale risibile’, laddove il riso deriva dalla disperazione – d’altronde, cronologicamente segue il pianto. Lo spettacolo risulta a tratti cerebrale, e richiede un distanziamento da parte dello spettatore, che quindi potrebbe considerarlo freddo. Quest’ultimo aspetto tuttavia potrebbe essere intenzionale, suggerito dalla freddezza derivante dal congelamento delle emozioni, che tuttavia esplodono nel riso e nel pianto. ICE_SCREAM è un’ambiziosa rappresentazione coreografica di un’indagine profonda sul riso e sul pianto. Ad un primo livello di analisi, si ride in scena. Ad un secondo livello, si ride del mondo.