La percezione aptica è il processo di riconoscimento degli oggetti attraverso il tatto, combinando la percezione tattile degli oggetti sulla superficie della pelle e la propriocezione della posizione del corpo rispetto all’oggetto. Con Aptica proviamo a collocarci nell’infrasottile tra pelle e abito, a favore dell’emersione di uno spazio intimo pubblico, quello delle superfici in cui avviene il contatto, interfacce relazionali, mutevole deposito di narrazioni visive e insieme strumenti concettuali per ripensare la materialità nel nostro presente. Pelle, abito, pudore, sono parole che riattivano la sfera alogica della coscienza, quel pudico trattenersi e saper sostare nell’erotismo del dondolio, all’origine del pudore, lì dove vi è un certo “squilibrio”, dato dalla compresenza di direzioni opposte, un ingorgo di pulsioni e conseguenti oscillazioni. Le increspature della texture dell’abito trattengono il ritmo interiore avvicinandosi ad una pausa non immobile.