In una celebre intervista Jean-Luc Godard, con la lucidità che lo ha sempre caratterizzato, dice: il cinema mente, lo sport no. Verrebbe da aggiungere spontaneamente: e il teatro?
Da anni esploriamo la relazione attoriale/autoriale, e dunque creativa, che esiste tra l’azione teatrale e l’azione sportiva. Il risultato di questa ricerca è la strutturazione di un metodo, rigorosamente in progress, in grado di fornire strumenti tecnici e poetici utili sia al lavoro di scrittura scenica che a quello di analisi di una drammaturgia preesistente.
L’attore d’altronde è un corpo vulnerabile in grado di raccontare la vita sia scrivendola sul palcoscenico che attraversandola attraverso composizioni altrui.
Jacques Tati ci ha consegnato la bellezza di questa vulnerabilità che ha fatto e continua a far ridere e sorridere generazioni di spettatori. Da ottimo mimo qual era ci ha regalato decine di partiture minuziose che raccontano l’essere umano all’incrocio dei venti della vita. A lungo abbiamo studiato le sue partiture sportive e da qui partiamo per questi due giorni di laboratorio volti a indagare la capacità di raccontare e raccontarci attraverso l’apprendimento, la rielaborazione e la riscrittura di una delle sue più celebri partiture dedicate allo sport: Il portiere.
Perché forse è vero che il cinema mente e lo sport non può permettersi menzogna, ma l’azione performativa chiamata per esistere a dialogare con la vita attraverso l’hic et nunc dello sguardo del pubblico, deve essere capace di fa generare un salto mortale all’attore performer rendendoci testimoni oculari della visione spettacolare di quel corpo tanto vulnerabile quanto divino.