Obliquità. Perché gli obiettivi si perseguono meglio per via indiretta.
E se alla fine del processo di creazione fossero caduti fuori dalla drammaturgia brani preziosi, gemme ricacciate nella terra che non vedranno mai la luce?
E’ chiaro che il linguaggio è convenzione, strumento corruttibile nelle nostre mani e lungi dall’essere il mezzo più efficace, qualora l’obiettivo fosse la vera e pura comunicazione. Questo lo sanno bene i buffoni, funamboli del senso e della parola, tanto che il loro dire il veronon è poi così necessariamente essenziale, anzi, si alterna indifferentemente a espressioni di stupidità, pazzia o bizzaria e per un attimo, solo per quell’attimo in cui parla il “matto”, il sasso diviene più prezioso del diamante più puro.
Il vento del Fool sparpaglia oggetti e significati, eppure nella confusione che ingenera lascia intravedere stralci di quell’infinito che si contrappone alla nostra possibilità di comprenderlo.
Pronunciata da un matto, la parola assertiva diventa già da subito una parola immaginaria e viene sospeso il suo riferimento al mondo e rende il Fool la possibilità di uno sguardo da un altrove dagli altri non pensato, uno sguardo obliquo che, solo modificando l’orientamento del mondo potrebbe divenire dritto esso stesso.
Così Il pensiero obliquo spalanca tutte le porte e fa parlare il matto come il vento che spazza la casa quando fa corrente, riesumando non più il suo teschio, ma l’interezza del suo farneticare, del flusso continuo dei suoi pensieri.