Tornavamo sui nostri passi, senza più trovarli. Un appuntamento con il nostro tempo ingiallito. Una dimensione non lineare che prosegue per sobbalzi cronologici. Tracce sulle pareti, emerse, sedimentate, configurano lo stato semovibile della memoria. Il vuoto denso della stanza accumula la polvere di un tempo che fu, materia luminosa che perde forma. I (di)segni del tempo al lavoro.
Un corpo, in dialogo con i fantasmi, si confonde con lo sfondo e si muove nello scarto con la superficie. Corpo che prende forma perdendola, dentro e oltre un’inquadratura mobile che incornicia, in scala, distanze e lontananze, spazializzando memorie e cristallizzando posture.
Un ambiente, abitato da oggetti specifici: le coppe con la loro superficie riflettente, la carta da parati. Assemblaggi provvisori, dispositivi di attivazione mnemonica, campo di apparizioni e di epifanie.
Assenze prossime. Tutta la loro presente assenza marcata su parete. Traslocanti di memoria o memorie a muro. Quel che succede cancella il precedente? Senza successori. Ci ricorderemo di questi giorni o ne serberemo memoria?