Apocatastasi mostra con il linguaggio del mito, e negando il principio di identità, l’immagine della nascita e della rinascita, la natura oscura di un processo di trasformazione continuamente in atto. Due figure abitano uno spazio sospeso, il tempo che attraversano si dilegua e diventa possibile per loro essere al contempo madri e figlie, amanti ed estranee, origine e fine dello stesso luogo in cui si incontrano. La metamorfosi diventa caduta, rovina del corpo attraverso la perdita della forma appena conquistata, racconto di come tutto sopravviva nel suo disfarsi. Una danza dell’Ade che è espressione di un’azione impossibile, che può accadere solo laddove ciò che resta del tempo impedisce a ogni gesto di trovare un suo senso e una sua fine. Un’azione che avviene in un tempo reversibile, che non può essere ricondotto alla nostra esperienza dell’irreversibilità del tempo, e si intreccia con il piano sonoro della musica di Pietro Borgonovo, in una composizione che lotta contro la durata, che nega la scansione fino a scomporsi in un soffio, in un respiro, in una nota senza suono.