Tutto è una rissa!
Un caos di traiettorie, un dispositivo in cui ci si schianta dentro tante piccole storie di vita. Una rissa è una partita di cui ci si è persi l’inizio. Chi la guarda passare, chi invece la prende per mano e la vive. È un conflitto irrazionale che
non ha solo la forma dei pugni e dei calci ma anche di una baraonda emotiva. Le parole da nitide si confondono prima in grammelot, poi in brusio: ogni vocalità, ogni rumore, ha un cuore. Una pluralità di figure si buttano contro
una costellazione di oggetti in scena che man mano prendono vita, tracciano linee come pedine di una scacchiera. Emergono dalla mischia uno studente, una ragazza sulla valigia, un boxeur, un morto che è vivo, una ragazza che
lavora al call center e ancora altri. Qualcosa li lega, un allarme: una bambina si è persa e non trova più suo padre.
La bambina è solo un punto di vista esterno, invisibile agli spettatori: spia tutto ciò che succede in scena come dal buco di una serratura. Osserva una danza coreografata male, una moltitudine di luoghi e di persone in un percorso
urbano sporcato dal caso.
Ce l’aveva per mano e non la trova più, nella confusione si è persa.
Come ci sono finita io qui?