Kore è la fanciulla senza nome, figlia di Demetra, la grande madre, colei che dispensa le stagioni, la dea del grano e dei papaveri. Ed è proprio mentre coglie fiori che Kore viene rapita da Ade, signore del mondo sotterraneo, e condotta agli inferi. Il dolore di Demetra è senza confini, genera la fine di ogni ciclo di rinascita. Solo Baubò, immagine grottesca di natura dionisiaca, riesce a farla ridere distogliendola per un attimo dal suo lutto e danzando oscenamente per lei. Zeus, deciso a interrompere l’inverno che Demetra ha fatto scendere sul mondo, intercede presso il fratello Ade perché lasci Kore libera di tornare dalla madre. Kore torna come Persefone, regina degli inferi, destinata a raggiungere Ade nel suo regno ciclicamente. Dal suo incontro con Demetra si genera una nuova creatura, la divinità della vita e della morte, della cura e della distruzione.
Il mito di Demetra è una delle tracce più antiche della cultura occidentale, il mito rappresentato nei misteri all’origine del teatro. La ricerca condotta sulle fonti (orfiche, eleusine e di tutta la sapienza greca) e sugli studi filosofici (tra gli altri quelli di Colli, Kerényi, Nietzsche) ha portato alla composizione scenica della vicenda, alla rielaborazione di frammenti antichi in presenza del corpo in scena, attraverso le danze arcaiche e il potere archetipico della visione tragica.