La catastrofe pandemica ancora in corso ci ha rivelato diverse verità importanti, dalla crisi dei sistemi sanitari, segnati dalle politiche neoliberali e dal taglio alla spesa pubblica, agli effetti nefasti della deforestazione, fenomeno che favorisce i processi di spillover dei virus. Tra le rivelazioni, ce n’è una forse più importante delle altre, attinente alla natura della realtà tutta: le relazioni precedono gli individui.
Per decenni, il management delle risorse umane, i leader politici e i think tank più quotati, ci hanno insegnato che non esiste la società, esistono solo gli individui, i quali debbono competere per ottenere successo, nella vita professionale e in quella privata. La traumatica esperienza della pandemia ci segnala invece che la vita, nella sua creatività come nelle sue malattie, è un evento che accade tra noi, tra gli individui, nel contagio permanente degli affetti e degli sguardi, delle parole e dei modi di pensare, delle immagini e delle idee, della cura affettuosa e degli “avvelenamenti” emotivi. E pure delle patologie virali.
Gli individui non sono premessa dell’esistenza, ma effetto delle relazioni, dal nutrimento alla lingua condivisa, dall’educazione ai rapporti di lavoro, dall’amore alla guerra. Comprendere l’interdipendenza che ci fa essere quello che siamo, è il primo passo per conquistare la nostra singolarità. Singolare, infatti, è il nostro modo di esprimere, incrementare o distruggere, il mondo e le relazioni che quotidianamente ci segnano. Ma singolare è anche il nostro desiderio di vivere, agire e pensare. In questo senso, più riusciamo ad aumentare le nostre relazioni positive, gioiose, più il nostro desiderio di vita si rafforza. La competizione e la guerra sono ostili alla vita, lo è la devastazione ambientale generata dall’abuso di combustibili fossili o di plastiche; perché favoriscono l’aumento di relazioni distruttive, con esse la compressione della nostra potenza di vivere.
Il mondo nuovo nel quale siamo già immersi si è fin qui presentato come catastrofe. Al contempo, nel trauma, stiamo facendo esperienza di una verità che può sollecitare movimenti inediti, l’invenzione di una democrazia cosmopolitica senza precedenti.