Torna in scena FRAGILE SHOW, uno spettacolo che ha significato molte cose nel nostro cammino artistico. Fragile show è un discorso sull’arte, su cosa significa essere artisti e, come sempre, e contemporaneamente, sulla fragilità degli esseri umani oggi, come ieri, come domani.
Fragile show è un cabaret sbagliato, la recita di un clown triste, l’urlo sprezzante di un imitatore di voci contro la società e l’arte da supermarket, a uso e consumo della convenienza.
Per noi Thomas Bernhard è stato per anni una vera, autentica, ossessione.
Questo artista straordinario, fuori dagli schemi dell’arte e della vita, è stato l’opera d’arte di se stesso.
L’ironia, la cattiveria, la rabbia, il pensiero onnivoro che attraversano – senza sosta – la sua scrittura ha spaventato per anni le istituzioni e il pubblico fino a farlo diventare uno dei più grandi artisti meno rappresentati in Italia.
Non abbiamo mai pensato di mettere in scena un suo testo, ma abbiamo sempre voluto attraversarlo, ripensarlo, vivisezionarlo. Vogliamo ancora tutte queste cose, ma in più, oggi, vorremmo dirgli: grazie.
Con Fragile show abbiamo avviato un discorso sull’arte, abitato l’indignazione al confine tra ruolo e performer e consapevolizzato che stare sul palcoscenico, come scrivere, come comporre, è una responsabilità che non può essere taciuta.
Con Il soccombente Bernhard ci mette continuamente di fronte alla nostra fragilità.
Glenn Gould e Werthaimer, come Mozart e Salieri, come tutti i Sottosuoli e gli ufficiali dostoevskiani, non fanno che mettere tutti noi, attori e spettatori, di fronte allo specchio delle nostre mediocrità. Sono binomi che ciascuno di noi potrebbe scrivere all’infinito, non sono solo nomi illustri, sono anche centinaia di nomi comuni di persone che appartengono al nostro passato, presente e futuro. Non sono che i mille modi con cui cerchiamo, con disperata ostinazione, un equilibrio nella durissima battaglia dell’esistenza sulla terra. Ogni spettatore fuori dal teatro potrebbe scrivere i suoi e la visione di questo lunghissimo elenco ci farebbe, forse, sentire meno soli.
Carmelo Bene, provocando fino al limite della sopportazione, ci diceva: il genio fa quel che può, il talento fa quel che vuole.
E tutti gli altri?
Cosa fanno tutti gli altri?