Il castello è un ammasso di ferraglia, di pezzi, di resti. Una bottega di rigattiere o di un ferrovecchio assemblata alla rinfusa. La messa in forma delle cose che sono state accumulate per tutta una vita da un accumulatore compulsivo. Roba vecchia, cose buttate via, prese da una discarica e assemblate così un po’ a casaccio da un capriccio infantile.
La forma ricorda una corazza, un’armatura per proteggere parti molli e vulnerabili. Infatti, fuori, nel mondo, infuria la guerra.
Somiglia davvero poco ad un castello delle favole. È più simile ad un animale inventato e un po’ mostruoso. Un corpo tondo e ferroso con quattro zampe sottili. Quattro zampe di gallina. Così è instabile, pesante e sorretto da supporti forti ma esili. Sembra sul punto di disfarsi da un momento all’altro, sembra fatto di pezzi e pronto a cadere a pezzi.
Alla sua prima apparizione il castello viene visto da lontano, da una finestra di una casa di città, si vede solo il fumo e un ammasso in movimento. Quando viene avvistato suscita stupore, meraviglia, entusiasmo. Howl, il suo proprietario, è amato e temuto. Dicono che ti mangia il cuore.
Ma non si capisce bene di cosa stiamo parlando fino a quando non entriamo.
Dall’interno, girando una manovella su diversi colori, la porta magica che collega il castello al mondo si apre su città diverse e su scenari diversi. Per ognuno di questi scenari Howl ha un’identità, un nome e una natura. Lui gli scenari li prende dal mondo e li inventa. È un mago. Sono potenzialmente infiniti. Si muovono nello spazio e nel tempo.
E la cosa straordinaria che capisci man mano che la storia va avanti è il meccanismo attraverso il quale questo ammasso di ferraglia riesce a muoversi attraverso lo spazio, sia quello lineare che vediamo dall’esterno, sia quello molteplice e caleidoscopico degli spazi paralleli e temporali a cui si accede dall’interno.
Si certo, c’è la magia! Ma il sistema concreto del suo errare è coerente con la visione industriale da primo ‘900 di edifici imperiali, di città con i tram, del cielo pieno gli aerei da combattimento e dirigibili, di porti con grandi navi del mondo di fuori.
Questa gallina di ferro a quattro zampe ha una caldaia.
E questa caldaia è Calcifer, il demone che vive nel camino e in qualche modo è costretto a fare la parte del fuoco. Calcifer è colui che fa muovere il castello come fosse una locomotiva e al tempo stesso, su richiesta di Howl, manda acqua calda in bagno.
Se il demone – come succede verso la fine della storia – dovesse uscire dal castello, la struttura collasserebbe su sé stessa. Se il demone dovesse morire, il castello si disferebbe completamente. E quando Calcifer si indebolisce e diventa tutto blu, vicino a raffreddarsi del tutto e a morire, il castello è ormai distrutto, ridotto ad una specie di zattera in equilibrio precario sulle quattro inarrestabili zampe di gallina che incredibilmente ancora resistono, ancora avanzano, seppur con incertezza, fino all’ultimo istante.
Ora rileggi tutto e sostituisci la parola teatro alla parola castello.
E al posto di Calcifer e demone metti la parola ricerca.
Roberta Nicolai