CONSIDERAZIONI SUL PROCESSO DI CREAZIONE
Paola: Conosco Valentina da molto tempo e nel 2007 la coinvolsi in tre azioni performative all’interno del progetto Visioni irrazionali. Nove anni fa a causa di una malattia la sua vita è cambiata. Ha smesso di stare in scena e io non l’ho più vista.
Il 12 Maggio 2019 ho inviato una mail a Valentina chiedendole se volesse partecipare attivamente al progetto ELP con una sorta di esperimento a distanza le cui regole erano: – io ti invio un file audio contenente la descrizione verbale di una postura – tu lo ascolti fino a quando non memorizzi la postura, dopo di che le possibilità sono: la assumi come puoi e mi invii la ripresa video o la foto oppure mi rispondi con altro (una parola, una frase, un file audio, un’immagine…). Quando riceverò la tua risposta ti invierò il secondo file. Non mi interessa la precisione dell’esecuzione perché non è un’esecuzione ma un’incarnazione o incorporazione personale/individuale della postura, svincolata da ogni tipo di giudizio.
Ecco una delle indicazioni che ho inviato a Valentina: Sono in posizione seduta. La gamba sinistra è piegata con la pianta del piede sul pavimento, la gamba destra è distesa sul pavimento, di fianco alla sinistra. La mano destra appoggia a terra dietro il bacino, il braccio sinistro disteso appoggia sul ginocchio sinistro. La testa è dritta, leggermente girata a destra.
Valentina: Inizialmente non è stato facile sentire nel corpo le posture descritte, ma ogni indicazione mi portava comunque delle suggestioni. All’inizio queste suggestioni mi facevano pensare a delle immagini, dunque le prime tre risposte sono state poesie e foto trovate sul web. Però il mio corpo ha sempre desiderato riprodurre quelle posizioni per come io le sentivo. Così ho iniziato a mettermi personalmente in gioco inviando a Paola le riprese video del mio corpo in movimento.
La modalità di lavoro a distanza è stata molto interessante: c’erano delle regole precise e non c’era nessuno a imporre o suggerire il modo in cui agire. Potevo stare solo su quello che sentivo.
P.: Abbiamo continuato questo dialogo a distanza senza mai incontrarci di persona fino a marzo 2021, quando ho proposto a Valentina di fare delle riprese video. L’11 e il 12 maggio 2021, esattamente due anni dopo l’invio della prima mail, ci siamo trovate in teatro e abbiamo realizzato l’opera video ἀνδρεία [andreia].
V.: Dopo molto tempo che non tornavo in sala mi è sembrato che invece fosse passato solo qualche giorno ed è stato tutto molto naturale, soprattutto vedere il mio corpo in video seguire certe indicazioni e – tra virgolette – riconoscermi. È stato in quell’occasione che abbiamo deciso di provare a lavorare insieme in scena.
P.: Il corpo di Valentina non ha perso l’intelligenza della scena. Non può camminare, non può mangiare o bere da sola, non ha autonomia di movimento eppure il suo corpo in scena ha acquisito una potenzialità che prima non aveva. La sua presenza è potente, così come il suo corpo che attraversa lo spazio indagando forme e ritmi del tutto personali. Il suo corpo nella scena ha un controllo che nella quotidianità non possiede. È lì che il suo corpo è padrone di sé stesso, è lì che Valentina si sente pienamente viva. Dopo nove anni di assenza dalla scena Valentina è ora protagonista di uno spettacolo.
Paola e Valentina
RECENSIONE DOLORES PESCE
Festival Opera Prima 2023
Maria Dolores Pesce – giugno 2023 dramma.it
[ … ] È come fare un passo indietro, un cinematografico flash back nel profondo. Si parte da due corpi avviluppati, quasi da un gruppo marmoreo che ricorda il movimento congelato e pietrificato nella sua paradossale dinamicità delle sculture di Auguste Rodin e soprattutto, per la sua dolente tragicità, di Camille Claudel. Poi il movimento accenna a scongelarsi e i movimenti riprendono e sembrano man mano ricostruire un prima della vita che è anche il suo orizzonte futuro. I due corpi, come guidati da suoni e musica che strutturano un po’ alla volta lo spazio che li circonda, si staccano e allontanano e la forza di gravità, che li tiene quasi incollati a quella terra incognita che è il palcoscenico, nulla sembra potere rispetto allo slancio di una vitalità che sembrava attenuata ma che l’arte può riaccendere. Sono due corpi diversi, uno dei quali gravato da una malattia che però qui sembra non esserci, dunque ci sono ‘solo’ due danzatrici in scena, non c’è handicap ma solo il senso del limite ineludibile, la coscienza della nostra finitezza, che ci deve accompagnare e in base al quale, e solo accettandolo come tale, possiamo costruire una esistenza profondamente sincera e, perché no, anche felice. È quest’ultimo corpo, quello di Valentina Bravetti, a diventare infatti sempre più protagonista, attirando come in un gorgo di antica emozione e di sapienza il nostro sguardo, mentre l’altro esce quasi con estetico pudore dalla scena circondata per tre lati dal pubblico. Una protagonista in cui si fanno evidenti, nei movimenti coreutici, le suggestioni del “Funambolo” di Jean Genet che deve stare sulla corda sfidando la morte, movimenti in cui risaltano le linee de “l’Impleurant” della Claudel, che però non implorava, come si crede, l’amante perduto bensì la vita che comunque la riempiva. Uno spettacolo sostenuto da una coerente coreografia, tecnicamente ineccepibile, capace di trasformare un po’ alla volta la tecnica in sentimento e il sentimento in movimento empatico. Uno spettacolo profondo e pieno di fascino che nasce dopo molti anni di dialogo a distanza tra Paola Bianchi e una Valentina Bravetti ormai da tempo purtroppo lontana dal palcoscenico. E il titolo secondo me premia sia la bravura che il coraggio, nel termine letto all’inglese. [ … ]