Gli archivi si manifestano in molteplici forme: l’archivio materiale, audiovisivo, testuale; il digitale e l’analogico ma anche quello corporeo. Ciò che accomuna questi diversi tipi di archivi – in particolare quelli di parole, immagini e suoni – è una tendenza verso un ordine e un ordinamento del passato, ciò che Derrida definisce “l’inizio e il comandamento”, ovvero il luogo in cui si esercita il potere e da cui le cose cominciano o hanno origine.
Come visitare un archivio di danza, come quello di Cro.me / Cronaca e Memoria dello Spettacolo, attraverso la pratica anarchica dell’anarchiviazione che mira a disfare ordine e ordinamento? Come dare anima ad un archivio che ha fissato il movimento in un frammento di tempo, in contrasto con la natura in continua trasformazione della danza?
Pensiamo all’anarchiviazione come una pratica aperta di immersione nell’archivio, in cui quest’ultimo agisce come una partitura coreografica capace di generare nuovi materiali e di connettere generazioni e voci artistiche, legando lo spettrale al vivente e trasformando la memoria in futuro.




