Roberta – Qui siamo di fronte ad una sorta di cerniera che esplicita il gioco
Gianni – Anche questo fuoriesce dal percorso tracciato da Vyrypaev. Non troppo ma un po’ sì. Il nostro modo di mettere in scena il bacio vero mette in campo Tamara e Francesco, un terzo piano che si aggiunge non previsto dall’autore. Ho chiesto ai due attori di spogliarsi dei loro doppi personaggi per far emergere il reale imbarazzo di Tamara e Francesco prima di quel gesto così intimo.
Roberta – La loro reazione al bacio nello spettacolo è talmente efficace che funziona come rafforzativo del nostro desiderio di spettatori nei confronti delle presenze reali che abbiamo lì. Io mi sono molto più affezionata a Lei e Lui che a Steven e Margot. Ed è incredibile che, sebbene Steven e Margot siano più naturali, mentre Lui e Lei sono a volte sopra le righe, di fatto Lei e Lui sono molto molto più forti e credibili.
Gianni – perché Lei e lui sono nel qui ed ora, mentre Steven e Margot sono altrove, sono nell’entertainment. Questo è sottolineato anche nella musica finale, un pezzo di Morricone, che rimanda subito al mondo dello spettacolo. Dove siamo finiti questa volta? Si direbbe a Hollywood, oppure Broadway.
All’inizio ci siamo chiesti come distinguere nettamente i due mondi. Pensavo a cambi di luce e di paesaggio sonoro per sottolineare i passaggi, poi mi sono reso conto che era sufficiente un cambio di stile, di consistenza della recitazione per distinguere i contesti. Spigoloso, rapido, grottesco e bidimensionale per Lui e Lei – che recitano sempre frontalmente – morbido, caldo e tridimensionale per Steven e Margot, che sono sempre di profilo. Non credo che lo spettatore si renda pienamente conto delle teste che ruotano, dei colpi di maschera, ma il passaggio dalla frontalità al profilo lo aiuta a intuire subito chi sta parlando.
Roberta – Qui c’è anche la questione capitale per voi della relazione con il pubblico: continuare ad agganciare il pubblico in questo caso non chiedendogli di fare delle cose – se non la prima azione, quella di mettersi dalla parte sbagliata – ma riagganciandolo continuamente perché in questo gioco tra gli attori-spettatori e gli attori-attori è come se avessero agganciato all’amo gli spettatori e ogni volta che tornano attori-spettatori tirano la lenza.
Gianni – Questo è un meccanismo del testo. È scritto così, si intuisce che la sua intenzione era proprio questa.
Roberta – Se vuoi è un meccanismo convenzionale, di una matrice bassa. Dentro questa rifrazione di piani e in una cornice che apre infiniti piani di riflessione, anche di astrazione concettuale, non vengono però evitate – testualmente e registicamente – delle vie basse.
Ci sono due platee. C’è un teatro borghese che galleggia dietro le nostre teste. E meccanismi che aprono cortocircuiti. Ma in tutta questa complessità c’è anche la capacità di utilizzare il teatro nelle sue strutture più elementari e più efficaci. E questa cosa riguarda Menoventi. Se io penso a Perdere la faccia, se isolo i singoli gesti, alcuni sono da guitti, ma dentro un’architettura scenica che viaggia su piani estremamente raffinati a livello intellettuale.
Gianni – Per l’approccio a Steven e Margot abbiamo fatto leva anche su una suggestione di Vyrypaev; ci disse di aver sempre pensato a due attori italiani per costruire queste due figure: Monica Vitti e Marcello Mastroianni. Se Lui e Lei sono due maschere espressioniste, due guitti, come dici giustamente, Steven e Margot vengono dalla commedia all’italiana. Più volte in prova abbiamo citato anche il duo Fenech-Banfi per tentare di esplorare i limiti di questa bislacca linea narrativa.
Nel commento al bacio invece emerge la questione delle convenzioni teatrali che è un capitolo che ci portiamo dietro da L’uomo della sabbia; mettere in evidenza la partitura, la memoria del testo, gli strumenti del teatro (luci, musiche, tecnica) è il mio modo per dire quando afferma Lui dopo aver visto il bacio: “ora io non vedo più né Steven né Margot, vedo solo due attori che limonano davanti a tutti”.