Il luogo in cui è collocata questa coesistenza, questa co definizione.
Quell’immagine sfonda lo sfondo. È efficace e potente perché sta dentro la struttura corporea di ognuna e delle due insieme. Non è una decorazione.
Lucia – si è parlato anche con Lorenzo Letizia di creare un senso di prospettiva che non finisce mai. È un altrove che non finisce mai. Non è che girate di spalle appare il monte o appare il mare o Corviale. Appaiono due corpi che guardano oltre.
Sono collocati in quell’ambiente lì ma è un oltre. il paesaggio non è immobilità. È qualcosa che si muove musicalmente.
Il corpo che danza crea lo spazio
Ilenia – il dove fuori di me quale luogo di me va a muovere. Perché non è sempre lo stesso nel viaggio
________________________________________________________________________________________
Simona Silvestri e Mariavittoria Rumolo Iunco, coinvolte come osservatrici a Oscillazioni per raccogliere suggestioni da elaborare, in un secondo momento, in forma scritta non delle recensioni, non dei saggi su Teatri di Vetro, ma un Diario, una raccolta multiforme che possa generare un’altra possibile traiettoria di indagine rispetto a quella prettamente corporea, hanno posto agli artisti una questione:
che cosa significa per voi drammaturgia e, di conseguenza, che forma assume nella vostra ricerca.
Ilenia – Dato un tema e i suoi approfondimenti teorici, è per me la successione e l’articolazione degli accadimenti del pensiero e dell’azione… è come questi vengono declinati nel micro e nel macro: l’ordine è variabile e i livelli si nutrono vicendevolmente. È per me la risposta alla domanda: Che “narrazione” sto facendo? La “narrazione” strettamente fisica si riflette nella dimensione immaginifica e al tempo stesso ne è riflesso concreto. Nella massima astrazione, la cerco e mi si rivela nella/dalla “struttura”.
Il luogo principale (non l’unico, ma quello che considero più di tutti come motore generativo) in cui interrogo la drammaturgia è il corpo. Questo agisce in relazione alle sue stesse parti, alla propria presenza totale, al tempo e allo spazio che si manifestano e si ricreano di conseguenza al suo operare. Le trasformazioni e i cambiamenti del corpo determinano la narrazione/struttura che va a riflettersi sulle scelte di ‘composizione’. Il corpo incarna, svelandolo, il moto necessario al/i tema/i. Le necessità, le derive e le emanazioni del movimento e del non-movimento mi danno indicazioni sulla drammaturgia (percorsi-‘storie’) degli altri elementi: dal suono alla luce, a eventuali oggetti. Tutto fa parte di un unico organismo “vivo” fatto di sistemi sinergici. Se il senso (fisico-immaginifico) passa da un sistema all’altro percorrendo l’intero ‘organismo’ senza interruzioni, allora per me la drammaturgia è approdata a una realizzazione compiuta della sua forma.
Lucia – Quella sulla drammaturgia ovviamente è una domanda che apre degli spazi molto, molto ampi di dialogo e anche di pensiero. Io non mi sono preparata nulla nel senso che non arrivo alla risposta per me e, proprio adesso, mentre stavi ripercorrendo la domanda ho immaginato come se, prima di tutto, la composizione, cioè la drammaturgia, fosse il cammino che uno sceglie di percorrere. Prima con Roberta le dicevo che io sono una grande camminatrice e adoro camminare in montagna. Lì è proprio questione di scegliere che strada prendere e, a seconda del percorso che intraprendi, incontri oggetti, spazi, corpi, luce, anche in base all’ora in cui parti. Ecco, questo è un parallelismo veloce su quello che è proprio la drammaturgia: come un aprire veramente una cartina geografica e scegliere cosa prendere, cosa fare e cosa non fare. È un percorso che si nutre di quelle che sono le improvvisazioni in cui – continuo con il parallelismo – mi fermo a osservare qualcosa, mi relaziono con qualcuno piuttosto che scelgo di cambiare strada; capisco, magari torno indietro, poi ritorno avanti; mi siedo, sto e riparto.
Rispetto alla pratica, al mio percorso di ricerca che negli anni sta evolvendo, in un certo senso mutando, comunque è sempre tanto legata al percorso che fa il corpo nello spazio scenico. Intendo proprio al percorso fisico, nel senso di che percorso nello spazio in termini di linee e di volumi, e di che percorso interiore, emotivamente, cioè a livello di immaginario. Si creano così dei punti. In architettura, all’università, sono stata abituata a fare gli ideogrammi prima del progetto, cioè guardavamo la pianta di una città piuttosto che di uno spazio specifico e il primo disegno erano le linee essenziali che determinano il lavoro e il pensiero. Banalmente poteva essere un cerchio, una linea, un’onda.
Penso di continuare a lavorare e a progettare così, creando una sorta di ideogramma dentro il quale poi vado ad ampliare il discorso, parliamo di quello drammaturgico.